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Monday, December 11, 2006

La fine solitaria del tiranno morto 2 volte


Antonio Skarmeta, il celebre scrittore della storia "el cartero de neruda" che ha ispirato il Postino, oggi scrive su Repubblica:


"QUAND'ERA al culmine del suo potere, Pinochet immaginava centinaia di cospirazioni ai suoi danni, organizzate dai "siñores politicos". Per qualche strana ragione, non si sa se dentale o stilistica, non riusciva a pronunciare correttamente la parola "señores". E per dimostrare la volontà dei "siñores politicos" di distruggere la libertà e l'ordine che sosteneva di rappresentare, in un celebre discorso pronunciato al Club conservatore de la Unión, si fece promotore di letture rivoluzionarie: "Bisogna leggere Lenin, "siñores"". Leggere "Linin" per individuare con chiarezza le tattiche terroristiche dei suoi avversari. Non si sbagliava. Sono stati i "siñores politicos" cileni d'ogni tendenza - chi prima, chi con molto ritardo - a ridurre l'uomo forte a feticcio di una dozzina di anziane signore. Immagino che questo discorso dominerà la stampa di oggi: il dittatore Pinochet è morto politicamente assai prima della sua morte fisica. Per usare un'immagine cara al folclore cileno, la pannocchia si è sgranata un po' alla volta. Alla fine i suoi alleati sono rimasti in pochi come i denti nella sua bocca. È stata questa la sua sconfitta......"
"......Non a torto, una compunta signora, fedele al generale, si è presentata davanti all'ospedale dove il suo idolo stava agonizzando con in mano un piccolo cartello confezionato alla buona, con la seguente accusa: Derecha dormida, Pinochet te salvó la vida (destra addormentata, Pinochet ti ha salvato la vita). Oltre ai suoi familiari, e a questa stoica signora che col suo cartellino in mano ha sopportato i 32 gradi della primavera cilena, non c'è nessuno a piangere per Pinochet. È giusto allora dire che il generale è morto molto prima di morire? Un fatto però è certo: quel cartellino non è la sola cosa che resta di lui in Cile. Con lo stile della sua ritirata, Pinochet è stato determinante per il carattere attuale, praticamente di "unità nazionale", del governo cileno..."

"...Alla fine un dittatore del calibro di Pinochet, il cui regime si era reso responsabile di innumerevoli sparizioni, torture, fucilazioni indiscriminate e arbitrarie e decine di migliaia di licenziamenti, costringendo all'esilio centinaia di migliaia di cileni, sarebbe stato giudicato lontano dalla protezione dei suoi camerati. Ma la gioia fu di breve durata....."

"....Diciamolo chiaramente: la democrazia non ha mai avuto la forza di mettere Pinochet sotto chiave. Anzi, diciamolo anche più chiaramente: la democrazia cilena non ha mai voluto incarcerarlo. Quest'ambiguità è forse la più sublime strategia di consolidamento di un'unità nazionale che spiega la tanto celebrata stabilità e il benessere del Cile di oggi. Oggi è morto Pinochet: un uomo che ha distrutto la vita di molte famiglie cilene: il suo brutale golpe fu una risposta sproporzionata ai problemi, pure reali, della società del 1973. La sua eredità è dunque più poderosa, e più sottile di quanto recita il piccolo cartello dell'anziana solitaria davanti all'ospedale. Una cosa è certa: Pinochet è finito solo, perdendo la sua battaglia. In questo senso i "siñores politicos" hanno fatto un ottimo lavoro - che abbiano o meno letto "Linin". E tuttavia, la sua fuga finale da una giustizia che non abbiamo potuto o voluto fare ci coinvolge nella sconfitta, e nella tristezza. Nel Giulio Cesare, davanti al cadavere dell'imperatore, Marco Antonio sentenzia nel suo discorso funebre: "Il male fatto dagli uomini sopravvive alla loro morte, il bene che hanno fatto viene sepolto con le loro ossa". Seppelliamo Cesare.

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